Articolo scritto insieme alla collega Alessandra Marino, Psicologa, Kinesiologa e Psicosofa
Il linguaggio, strumento principale della democrazia, può trasformarsi in uno strumento pericoloso, potente e annichilente.
Quando manca la capacità di nominare le cose e le emozioni, manca un meccanismo fondamentale di controllo sulla realtà e su se stessi. La violenza incontrollata è uno degli esiti possibili, se non probabili, di questa carenza perché, chi non ha i nomi per la sofferenza, la agisce e la esprime volgendola in violenza, con conseguenze spesso tragiche.
Negli ultimi tre anni abbiamo assistito a dei cambiamenti molto rapidi e siamo stati chiamati a adottare comportamenti che in altri periodi ci sarebbero apparsi inaccettabili, molte parole sono state scritte sulle componenti manipolative del linguaggio utilizzato dalla maggioranza di autorità istituzionali. Per certi aspetti possiamo ipotizzare che l′esperimento abbia funzionato perché è evidente che molti cittadini si sono adattati e hanno fatto proprie regole ed espressioni linguistiche promosse dai media e dalle autorità e tuttora stiamo assistendo, con un ritmo sempre più incalzante, al modificarsi di usi e consuetudini in atto da secoli, se non da millenni, almeno apparentemente nell′inconsapevolezza del fenomeno in atto.
É quindi importante una riflessione sulle modalità in cui viene utilizzata la PAROLA in questa particolare fase storica.
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